(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) La parola che vi propongo oggi è lavoro.
Nella nostra Costituzione la parola riecheggia 13 volte. Il principio lavoristico declamato nell’art.1, assieme a quello solidaristico e democratico, mette al centro la persona e la sua dignità. Il cuore del lavoro è la persona, rifugge la sola dimensione contrattualistica (occupazione e retribuzione), è di più, è anche un atto creativo, un fare bene ciò che ti è stato affidato. Papa Francesco in linea con il dettato costituzionale, e va da sé con la dottrina sociale della Chiesa, descrive il “lavoro degno” con quattro aggettivi: libero, creativo, partecipativo e solidale. Risuonano nella Costituzione in forma diversa: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art.4).

Il presidente ANLA Edoardo Patriarca
Ora la pandemia ci ha posto di fronte ad un passaggio inaspettato e tragico, una discontinuità dirompente pari a quella provocata da una guerra. Ne siamo consapevoli, lo sentiamo sulla nostra pelle, lascerà tracce profonde e durature. Abiteremo diversamente il tempo che ci è dato di vivere: il declino, la povertà, la decrescita infelice saranno un destino inevitabile? O l’opportunità per ripensare modelli organizzativi, e archiviare la scansione spazio/tempo – grigia e inossidabile da un secolo- ereditata dalla prima rivoluzione industriale? Perché non innescare un processo di cambiamento, un nuovo umanesimo, un Rinascimento nel modo di produrre e di lavorare? Le dichiarazioni “visionarie” della Costituzione, molte ancora da attuare, forse troveranno nuova linfa. Una premessa va fatta. Se riflettiamo sul lavoro degno non possiamo non denunciare quello indegno: quello dei lavoratori irregolari, in nero (si parla di quasi 4 milioni di persone), coinvolti soprattutto nei servizi alla persona, in agricoltura, edilizia, trasporti, ristorazione, turismo, commercio…e i working poor , i lavoratori sottopagati che pur lavorando vivono nella miseria e nella povertà, senza orari . “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Ancora una volta c’è lo ricorda la Costituzione nell’ art.36).
Detto ciò, un primo abbozzo di riflessione.
In queste settimane sono state scritte parole per lo più sconosciute ai più: home working, lavoro agile, smart working, telelavoro… Hanno significati diversi, modelli contrattuali e regole differenti, ma tutti hanno un unico denominatore: il lavoro si svolge in luoghi altri da quello aziendale ( generalmente a casa ) e in orari diversi dall’orario canonico.Stiamo vivendo queste esperienze per emergenza, costretti dalla pandemia. Possiamo trarne qualche insegnamento? E se proponessero in filigrana un nuovo paradigma, una sorta di sgretolamento degli spazi e dei tempi canonici, la smaterializzazione del prodotto resa possibile dalla evoluzione delle tecnologie digitali?
Ma quali sono le condizioni perché lo smart working funzioni per davvero? Non funziona, è certo, se vige il modello fordista, il controllo a vista, la mentalità gerarchica e burocratica in azienda. Funziona se si avviano processi partecipativi che premiano la collaborazione e la cooperazione , la fiducia e la responsabilità, l’autorealizzazione e la messa a frutto dei propri talenti, il senso di appartenenza e la programmazione per obiettivi. Ma questi indicatori necessari per il lavoro agile non sono altrettanto generativi per tutte le tipologie di lavoro? Se già ora provassimo a vivere il cambiamento rafforzando le piattaforme digitali, la banda larga, la formazione dei dipendenti, il sostegno alle imprese che ci vogliono provare, avremo sperimentato nuovi modi per sostenere la conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare; daremo la possibilità a molti giovani di poter abitare nei territori cosiddetti periferici (penso alle aree montane), apriremo nuovi moduli formativi per valorizzare i talenti di ognuno e avremo imprese più efficienti e produttive.