(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) La pandemia che ha avvolto il nostro Paese e il pianeta intero costringerà i sistemi sociali e le infrastrutture sanitarie a ripensarsi, non per retrocedere o per dichiarare avventatamente il fallimento di quelle esistenti. La nascita del welfare state alla fine della seconda guerra mondiale, soprattutto in Europa, ha contraddistinto una stagione che pur nelle sue contraddizioni ha segnato positivamente il secolo scorso, e fondato il patto tra capitalismo e democrazia. Quel patto ha subito nei decenni successivi, soprattutto negli anni di fine secolo, numerose incrinature, metamorfosi profonde sospinte dalla ideologia liberista e dalla finanziarizzazione dell’economia a scapito di quella reale fatta di persone e comunità. La pandemia ha solo scoperchiato tutto quanto era già evidente a coloro che in questi anni hanno scandagliato e analizzato le trasformazioni sociali, ponendo l’attenzione a quelle più sotto traccia, meno evidenti ma più profonde. Tra queste il sistema di protezione per la popolazione anziana cresciuto in questi decenni confusamente, senza alcuna programmazione seria e lungimirante, pensiamo alle residenze sociosanitarie, case famiglia, il “badantato”, fenomeno unico in Italia per le sue dimensioni rispetto al resto dell’Europa. Per non parlare della mancanza di un progetto promozionale del valore dell’anzianità, difeso eroicamente dalle sole associazioni di volontariato.
Mons. Paglia alla Summer School di Anla ha lanciato lo slogan “tutti gli anziani a casa propria”: ci indica la via, una direzione e richiama il valore dello stare a casa, un luogo di relazioni, di amicizia, di cura e di memoria. E allora aboliamo le Residenze? Penso piuttosto che occorra mettere a sistema una strumentazione ricca e articolata che mantenga viva la dimensione dello “stare a casa”. Le residenze vanno ripensate anche come centri di servizi qualificati, vanno moltiplicate le esperienze di social housing, riconosciute le convivenze tra persone anziane, riformulato un sistema di assistenza domiciliare davvero strutturato anche con gli ausili che oggi mette a disposizione la tecnologia digitale, educatori professionisti e personale socio sanitario di qualità. Per non parlare della emersione delle assistenze familiari (le badanti) dal nero e dal silenzio colpevole promuovendo formazione e legalità, e del controllo/monitoraggio delle case famiglie. Non da ultimo l’approvazione della legge sui Caregiver familiari e quella sull’invecchiamento attivo che riconosca l’anzianità come un valore prezioso, nel volontariato e nei molteplici ambiti in cui opera, nella trasmissione dei saperi esperienziali alle nuove generazioni.
Basterebbe che questo mosaico di tessere in frammenti e sparse trovino una politica lungimirante che dia loro l’immagine di un nuovo umanesimo.