(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) La tragedia della funivia Stresa – Mottarone ci interpella profondamente, un incidente che ha provocato 14 vittime: famiglie e persone che desideravano solo passare una giornata di serenità e amicizia trasformatasi in una strage inaccettabile per un Paese collocato tra le prime dieci economie mondiali e seconda manifattura a livello europeo. La magistratura accerterà le responsabilità sperabilmente in tempi brevi. Ma non basta esprimere cordoglio e dolore, indignazione e richiesta di giustizia. Non ci stiamo forse rassegnando all’inevitabile, quasi fossimo predestinati ad un destino barbaro… in attesa del prossimo incidente?
La sequenza delle tragedie dovute a incuria è davvero impressionante. Ne rammento solo alcune: 23 morti il 29 giugno 2009 nella stazione ferroviaria di Viareggio, 23 morti il 12 luglio 2016 per lo scontro di due treni tra Andria e Corato, 3 vittime il 25 gennaio 2018 per il deragliamento di un treno a Pioltello, 43 morti il 14 agosto 2018 per il crollo del ponte Morandi sulla Val Polcevera. Sono certo che ciascuno di voi potrebbe allungare l’elenco.
Questi eventi così frequenti raccontano una gestione dei beni pubblici inadeguata e irresponsabile, preoccupata solo di far quadrare i conti a spese della sicurezza e della prevenzione. Vi ho citato casi che riguardano le strutture ferroviarie e stradali, ma che dire del dissesto idrogeologico, delle frane che colpiscono le aree montane, delle alluvioni dovute alla rottura di argini non controllati da anni, o delle costruzioni di abitazioni abusive o autorizzate in territori sismici e fragili senza alcun rispetto per la sicurezza? Occorre davvero cambiare il modo di guardare il nostro paese, volergli un po’ più di bene, prendersi cura delle sue fragilità territoriali, intervenire al primo verificarsi di una piccola crepa e non attendere che giunga la valanga e poi la morte.
Curare e prevenire sono due verbi che sono riemersi in anni durante i quali li si pensava fossero sinonimi di “perdita di tempo”, di scarsa efficacia e efficienza in economia e nella gestione dei beni collettivi, di troppa burocrazia e controlli. La pandemia ci ha aperto gli occhi: senza la cultura della cura e della prevenzione il nostro paese si avviterà su se stesso, destinato ad un declino inevitabile, triste e senza futuro. C’è da sperare che i 240 miliardi (la gran parte a debito) messi a disposizione da NextGenerstionEu siano innervati dalla cultura del prendersi cura delle persone, delle comunità, del nostro ambiente. Papa Francesco ha definito questa cultura un’ecologia integrale che per essere tale non può essere predatoria, trascurata, indifferente alla vita.
E noi come ANLA che possiamo fare? Praticando la cittadinanza attiva, sentinelle e promotori del “prendersi cura” la dove viviamo. I gesti quotidiani dei nostri gruppi ne sono testimonianza: penso all’azione civica di ANLA Toscana o del gruppo ANLA di Bologna.