(di Edoardo Patriarca, presidente nazionale ANLA) Abbiamo celebrato la Pasqua come cifra della speranza in cammino che noi di ANLA sentiamo da sempre appello e chiamata all’impegno. In occasione dell’insediamento del nuovo Governo abbiamo pubblicato una lettera aperta al Presidente Draghi con alcune proposte di programma. Ci permettiamo di riprenderle per manifestare alcune preoccupazioni su un punto che sentiamo dirimente e che riguarda il futuro dei giovani, i nostri figli e nipoti. Formazione e lavoro sono i passaggi cruciali che vanno affrontati se vogliamo uscire da questa profonda crisi.
Non vogliamo partecipare alle tifoserie sconclusionate dell’“apertura sì / apertura no”. Sono i dati sperabilmente attendibili che ci indicano la via da intraprendere, una via comunque faticosa e tribolata. Detto ciò annotiamo con rammarico che non tutte le scuole hanno riaperto: il Ministero sta forse approntando un piano solido per programmare aperture che durino nel tempo tali da non essere sconfitte alla pur minima ripresa dei contagi? Non solo, avremmo voluto leggere nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, tra le sei previste, una missione dedicata esclusivamente alle nuove generazioni che stanno pagando il prezzo più alto: 16 miliardi spalmati su un Piano di 200 miliardi a noi sembrano davvero pochi. I dati pubblicati da Istat e Centri di ricerca ci inchiodano alla realtà: 1 milione e più i bambini in povertà, 160 mila senza il pasto di mezzogiorno delle mense scolastiche e che rischiano di non nutrirsi a sufficienza, 850 mila i ragazzi che la Dad neppure l’hanno vista.
Anche sul mercato del lavoro gli ultimi dati consegnati da Istat sono inquietanti: quasi un milione i posti di lavoro persi, per gli under 25 il tasso di disoccupazione è del 29,7 %, peggio di noi solo Grecia e Spagna; siamo sempre ultimi nella classifica dei Neet, dei giovani che non studiano, non lavorano e non si formano, quasi due milioni. Le donne e i giovani, intrappolati in contratti flessibili e a tempo, sono l’anello debole del mercato del lavoro italiano a differenza di quanto accadde nella crisi del 2008/11 che colpì soprattutto adulti uomini.
Non abbiamo la bacchetta magica, sappiamo che l’uscita dal tunnel richiederà tempo, chiarezza di obiettivi e la necessaria determinazione per perseguirli. Soprattutto concordia e unità del Paese, nelle pur rispettabili diversità di opinioni. Siamo un’Associazioni di adulti anziani, non abbiamo un centro studi ma siamo presenti nelle realtà locali, e nelle imprese in cui ancora lavoriamo: con molta umiltà ci permettiamo di riproporre alcuni punti che a noi paiono strategici per pensare il futuro delle prossime generazioni.
Su formazione e istruzione riteniamo urgente giungere al dimezzamento numerico delle classi attuali, una revisione dei programmi scolastici e il potenziamento dei corsi di formazione per i docenti, una scuola a tempo pieno su tutto il territorio nazionale per contrastare la dispersione scolastica, programmi per l’orientamento, l’incremento delle esperienze all’estero dei ragazzi delle superiori, un servizio civile davvero universale.
L’inserimento nel mercato del lavoro al termine degli studi in Italia è il più lungo e difficile tra i paesi europei, il mismatch, la mancata corrispondenza tra formazione e lavoro, è tra i più alti. Come aiutare i giovani a “incontrare” le imprese durante il percorso formativo? Anche qui andiamo per punti necessariamente sintetici e non esaustivi: proponiamo di rivedere l’alternanza scuola lavoro, la valorizzazione degli istituti tecnici superiori e l’obbligo di retribuzione per stage, tirocinio e praticantato; politiche attive e potenziamento dei Centri per l’impiego; non da ultimo un progetto con le associazioni “professionali” (come la nostra) per il “trapasso nozioni” , di quelle competenze trasversali (soft skills) ritenute essenziali oggi da tutte le aziende.
Noi siamo pronti al confronto.